Il WWF ed ImpactHUB uniscono le forze per gli oceani. Questo post è parte di una campagna più grande che mira a condividere le conoscenze riguardanti le sfide ambientali all’interno delle nostre community.

“La plastica ha trasformato le nostre vite: ha rivoluzionato la medicina, reso più leggera ogni macchina e gli aerei, risparmiando carburante – e inquinamento. Sotto la forma di pacchetti appiccicosi leggeri come l’aria estendono la durata dei cibi freschi. Negli airbag, negli incubatori, negli elmetti o semplicemente nel distribuire acqua potabile e pulita la plastica salva vite ogni giorno. La plastica ha salvato la fauna: i tasti dei pianoforti e le palle di biliardo erano precedentemente prodotti con avorio degli elefanti.”

Low-cost, leggera e resistente, la plastica ha dei benefici che non possiamo negare. Ma, sfortunatamente, adesso vediamo le conseguenze del nostro utilizzo intensivo, poco riciclaggio e dispersioni nella natura, dove impatta negativamente fiumi, oceani, fauna e umani.

Il problema principale è che i materiali sintetici come la plastica non contengono composti chimici che ne permettono il decadimento. Una forchetta di plastica usata per 15 minuti può impiegare fino a 450 per decomporsi. Ciò che rende la sfida ancora più dura è la combinazione della plastica con altri materiali di diverso tipo. La differenziazione maggiore è:

  1. Le macro-plastiche come sacchetti, filtri i sigaretta, bottiglie, tappi, contenitori alimentari, tessuti e cannucce sono la forma più visibile di inquinamento.
  2. Le microplastiche sono frammenti più piccoli di 5mm (0,5 cm \  ⅕  di pollice).

Per provvedere dobbiamo capire gli svariati effetti negativi del problema. La sfida comincia nella produzione. Diamo un’occhiata ai fatti:

  • Dal 1950, sono state prodotte 8,3 miliardi di tonnellate di plastica: 6,3 miliardi sono diventate spazzatura delle quali il 9% è stato riciclato, 12% è finito negli inceneritori e il 79% è finito nelle discariche e in natura. La maggior parte della plastica può essere riciclata.
  • Ogni anno vengono prodotte circa 300 Milioni di tonnellate di plastica delle quali 8 Milioni finiscono negli oceani annualmente.
  • Il 50% della produzione annuale di plastica è monouso, il 26% è packaging.
  • La produzione di plastica vergine costa 1-2€ al kilogrammo e sono necessari 2-3 litri d’acqua per produrre una bottiglia da 1 litro.
  • Il 99% della plastica viene prodotta usando composti chimici derivati da petrolio, gas naturale e carbone (fonti NON rinnovabili).

Naturalmente questo ci porta alla nostra prossima sfida: lo spreco.

  • Lo spreco di plastica è destinato a quadruplicare dal 2010 al 2050 e gli stabilimenti per il riciclaggio copriranno solo 1/3 dei rifiuti.
  • Cina, Indonesia, Filippine e Vietnam producono più inquinamento dell’oceano che il resto del mondo messo insieme.
  • 5000 miliardi di sacchetti di plastica monouso sono usate globalmente ogni anno.
  • I paesi ricchi producono più rifiuti di plastica, ma i rifiuti vengono gestiti meglio; ergo l’inquinamento degli oceani è minore. I paesi con uno scarso sistema dello smaltimento rifiuti producono più inquinamento degli oceani.

In Italia siamo messi bene a riciclaggio, con il 76,9% dei rifiuti che vengono riciclati. Il doppio della media Europea.

Ma le conseguenze non dipendono solo da noi e sono veramente molto diffuse – e soprattutto l’impatto nel lungo periodo per gli umani non è ancora del tutto compreso.

  • Entro il 2050 è previsto che ci sarà più plastica che pesci negli oceani.
  • Il 90% dell’acqua in bottiglia e il 70-90% di quella di rubinetto contiene fibre di plastica.
  • Il 15% della sabbia è composto da granelli di microplastiche in alcune spiagge delle Hawaii
  • 1 598 000 km2 (Due volte e mezzo la superficie della Francia) = La grande macchia di rifiuti del Pacifico tra la California e le Hawaii, che è per il 50% causata da reti da pesca, corde e lenze.
  • Animali e volatili marini ingeriscono plastica, portandoli al decesso. Si ritiene che circa 600 specie vengano colpite da questo problema e il 90% dei gabbiani contengano frammenti di plastica nel loro stomaco, nel 1960 la stima era del 5%.

C’è un impatto sulla salute umana?

Non ci sono ancora dati sufficienti, ma c’è una crescente preoccupazione riguardo alle microplastiche che contamino aria, acqua in bottiglia e corrente, cibi e bevande inclusi sale, pesce, miele e birra. Tutti i tipi di fauna marina stanno ingerendo microplastiche e man mano che  si scala la catena alimentare finiranno inevitabilmente nei nostri piatti.

Di per se la plastica non è dannosa, ma la microplastica si comporta come un magnete per una gamma di altri veli e agenti inquinanti che abbiamo versato nel mondo della natura. Quindi materiali organici, pesticidi e farmaci che finiscono nel nostro sistema marino tenderanno a concertarsi in queste piccole particelle e potrebbero potenzialmente disturbare il nostro sistema ormonale. Ad oggi, gli effetti non sono chiari.

Per non dimenticare le innumerevoli vite che dipendono e vivono grazie alla plastica. I raccoglitori di plastica a Bangladesh che raccolgono, seccano e vendono plastica. Oppure coloro che sono nell’industria del riciclaggio della plastica nei bassifondi dell’India che sciolgono la plastica per formare piccoli pellet nonostante i rischi per la loro salute. Le conseguenze che la plastica ha sulle loro vite non devono essere dimenticate.

Quanto ci costa il problema della plastica a livello finanziario?

L’impatto economico di questo problema è immenso. La stima dei danni agli ecosistemi marini ammonta a circa 13 miliardi di dollari ogni anno (circa 11,4 miliardi di Euro). I costi economici connessi includono quelli legati alle operazioni di pulizia e rimozione della spazzatura. Ma c’è altro:

  • L’industria della pesca: la plastica danneggia l’attrezzatura causando una perdita di rendita dovuta ad una pesca meno fruttuosa e al fatto che i pochi pesci catturati sono spesso di bassa qualità.
  • L’industria del turismo: le spiagge dei Caribi e della Tailandia ormai sono sommerse dalla plastica portando molti a non rivisitare quei posti. Nella Corea del Sud un solo evento di inquinamento marino ha causato una perdita di profitto di circa 29 Milioni di Euro nel 2011 rispetto all’anno precedente come risultato di 500 mila turisti in meno.

Gli stati nel Sud del mondo dipendono spesso dalla pesca o dal turismo costiero, il che li rende più vulnerabili alle conseguenze economiche dell’inquinamento oceanico delle plastiche.

E’ un problema complesso così intrinseco nelle nostre società e vite che implora la domanda riguardo a se mai insorgeremo e compiremo azioni significative. Il problema è cresciuto oltre le nostre possibilità di rimedio? Il WWF non crede. Hanno imposto come obiettivo non avere plastica in natura entro il 2030, facendo affidamento ai modelli di economia circolare e soluzioni di sistema. “La crisi della plastica nei nostri oceani è stato creato in una sola vita e possiamo porvi fine in una sola decade. Se agiamo adesso, insieme.”

Provvedimenti sono stati presi su più fronti ed è per questo che siamo tutti responsabili – non solo come individui, ma come imprenditori, istituzioni e compagnie. Torna qui a controllare per nuovi post dove esploreremo le soluzioni che i membri della community di ImpactHUB stanno già mettendo in atto.

Immagini collegate:

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.